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Il 15.10.2016 verrà ricordata come una giornata importante per il podismo Abruzzese e per i colori sociali del presidente Massimo Nasuti.

Dopo alcuni anni può essere finalmente “riappesa” la medaglia da assoluto di una 100 km Fidal nazionale.

Si è svolta presso la città di Reggio Emilia l’Ultramaratona del Tricolore.

I concorrenti alla partenza sono 400 circa ripartiti nelle varie discipline: la 21 km, la 30 km, la 100 km, la 6 ore e la 12 ore. In molti si contendevano le qualificazioni Europee per la 24 ore che si correrà in Francia proprio in questi giorni.

Gli atleti Luca Carbonelli e Elide Del Sindaco forti della loro esperienza di Faenza al Passatore, scelgono di correre la 100 km. Questa per noi sarà la 4° centochilometri.

Se se molti è impensabile correre nella propria vita sportiva la regina delle gare ovvero una maratona figuriamoci portare a termine una Ultramaratona.

La 100 km è una gara lunga, molto lunga, specie perché tanto più un tracciato si allunga tanto più aumenta il rischio di avere una rilevazione finale imprecisa. Lo è per il Passatore, lo è stato per Reggio Emilia, i km finali percorsi saranno 103.

A mio avviso portarla a termine è un dono, la percezione personale finale su questa distanza è questa. Le variabili sono davvero tante. È una gara corsa non solo con le gambe ma soprattutto con la testa e, sotto molti aspetti la 100 km non perdona, le crisi dopo il 50’ km sono dietro ogni curva, al 70’ km avverti le prime avvisaglie, al 90’ km forse riesci a fare le valutazioni di una lunga gara.

In particolare quella di Reggio dove i giri finali da percorrere sono stati 65 su un percorso di 1.578 metri.

Per tanto, a distanza di una settimana mi rimane difficile spiegare come al 36° km di una maratona può arrivare la crisi di atleta e al 90° km avere le forze e la voglia di continuare a correre. Eppur questa volta è accaduto, la scienza umana ha ancora molti aspetti da studiare.

Non posso nascondere la delusione di qualche mese fa quando dopo una lunga preparazione, studiata nei minimi dettagli per affrontare Passo di Colla Casaglia è arrivata una crisi senza precedenti. Ricordarla ancora oggi sprigiona amarezza. Ecco quindi, Reggio Emilia nasce come una gara semplice, con “poche risorse in tasca”, ma con la voglia di capire cosa non avesse funzionato a Faenza.

Mi piace sottolineare che la medaglia portata a casa non riveste tempo professionistico, con 8 ore e 43 minuti siamo distanti dai tempi dei professionisti, ma questa è stata una gara corsa dignitosamente, senza mai soffrire, davanti qualche atleta della Nazionale.

Nella cronaca i vari passaggi sono stati gestiti soprattutto con la testa, studiando le risorse disponibili sui primi 50 km, buono l’intermedio di 3 ore 28 sulla Maratona.

Al 52° km arriva la svolta: i primi cedimenti dell’atleta della Nazionale che mi anticipava, la quale sembrava già dai primi giri non lasciare scampo sul circuito di Reggio. Il Gap da colmare non era impossibile circa 8 minuti. Inizia da qui la mia gara quello che ho sempre sperato.

Ben 53 km ancora da correre gestisti uno per volta con le sensazioni che un piccolo sogno si poteva realizzare. Ero convinto che la crisi questa volta non sarebbe arrivata perché la voglia di correre era tanta, avere nella testa 65 giri da percorrere non è stato semplice, in molti hanno abbandonato noi no.

Al 70° km mi accorgo che Elide non corre la sua migliore gara, è in crisi, quella crisi che a Faenza mi aveva debilitato. Mi affianco a lei, si parla, si discute, tanta tensione e nervosismo. Decidere se provare a rimanere in testa o aiutarla a sorridere non è stato facile, dovevo a lei il giusto riconoscimento di avermi supportato a Faenza. Poi la scelta di continuare ognuno la sua gara, in fondo su quel circuito ci saremmo rivisti ancora per 25 giri e per me era la gara della vita. Al 90° km la seconda telefonata ad Amsterdam, correre e parlare al telefono non è la miglior cosa, ma era giusto che il Presidente sapesse che questa gara stava diventando importante.

Al 95° la vera e unica crisi che nasce dalla voglia di chiuderla il prima possibile. Mentre le gambe continuavano ad aumentare il ritmo, il cuore andava troppo veloce. È stato più difficoltoso se pur lucido, gestire gli ultimi km che tutta la gara, l’ansia di arrivare era tanta, ma soprattutto che, se mi fossi fermato anche per un ultimo ristoro non sarei ripartito.

Al 99 ° km, il terzultimo per la precisione, l’ennesima telefonata ad Amsterdam, quella che mi porta dritto all’arrivo con l’emozione infinita di una gara bellissima alla quale si aggiunge anche il best time su questa distanza.

Poche volte questa lunga distanza viene vinta da un amatore e non da un professionista.

Sulla base di ciò, la soddisfazione è doppia viste le innumerevoli difficoltà giornaliere nel poter incastrare gli allenamenti di questo sport.

Da sottolineare la prestazione finale di Elide che con il tempo di 9 ore e 43 in condizioni fisiche non ottimali conferma il suo palmares sulle ultramaratone, chiude in 2° posizione nella classifica femminile.

Che questa mia gara, che queste mie emozioni, possano essere di buon auspicio per tutti voi atleti di brevi e lunghe distanze. I sogni sono speranza, ma soprattutto se te li vai a cercare spesso diventano realtà.

Il nostro.. era riportare questa medaglia in Abruzzo da amatore, e, ci siamo riusciti, con poche risorse non importa ma ci siamo riusciti!

 

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