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Questo è lo slogan che ci siamo trovati di fronte appena messo piede in Spagna. Fin dall’aereoporto i cartelloni pubblicitari della Marathon Valencia ci ricordano che, al di là del divertimento e dell’emozione, quei 42 km e poco più saranno uno sforzo, una sofferenza. Ma preferiamo ignorare questo segnale e dedicarci ad aspetti più ludici e gastronomici.

Città accogliente e a misura d’uomo, Valencia ci ospita con temperature più che primaverili, mettendoci un po’ in difficoltà: siamo partiti dall’Italia con freddo e pioggia e il nostro abbigliamento non può che essere quello di Totò e Peppino a Milano.

Dopo aver adeguato in hotel il vestiario, l’obiettivo è cercare un posto adatto al nostro tanto amato carico di carboidrati. E qui inizia a palesarsi una strana contrapposizione che ci accompagnerà fino alla fine del nostro viaggio: atleti filiformi e scolpiti si accontentano di riso in bianco, pizza o poco più; altri maratoneti ingurgitano ogni sorta di cibo ad alto picco glicemico come se fosse l’ultimo pasto del condannato. Chi avrà ragione? Preferiamo dormirci su, per verificarlo domani.

Sveglia, ovviamente all’alba, e ritrovo in sala colazione per proseguire il carico carbo; ancora una volta abitudini e stili diversi: si va dal piatto con due fette biscottate e un velo di miele, al vassoio di uova strapazzate con fagioli e bacon, accompagnato da un cappuccino e un paio di carbogel.

Foto di gruppo e via diretti verso le rispettive gabbie. Facciamo un giro verso la postazione degli atleti sotto le tre ore e ci accorgiamo che tornando verso l’ultima gabbia davanti ai nostri occhi c’è una sorta di degradè di stili: da atleti magrissimi che corrono praticamente in mutande, si arriva nell’ultima gabbia ad atleti un pò più tondi, coperti con colbacchi, maglioni vecchi di mille colori, guanti, spalmati fino alla nausea di olio canforato, armati di integratori, pillole e carbogel nascosti ovunque, addirittura in vere e proprie cartucciere. Ma cambia anche lo spirito: in coda alla maratona si respira spensieratezza, allegria, ironia, forse dettate da un’insana incoscienza.

E mentre stringiamo amicizia con maratoneti di tutto il mondo, ci accorgiamo che la prima onda è già partita, ma a noi tocca aspettare ancora qualche decina di minuti. Siamo tanti, tantissimi, si parla di 20.000 atleti. Il percorso è fantastico, in ogni angolo musica, percussioni, cittadini che urlano “Animo, Campeones” (“campeones” correndo a 6/6.30, chi ce lo urlerà più!!!); ristori, servizi e assistenza perfetti. In alcuni punti incrociamo i top runner, quelli dal diverso stile: niente integratori, poca acqua, niente pausa bagno, e la loro concentrazione non permette certo distrazioni con la confusione esterna. Sicuramente questo è l’approccio serio che ripagherà tutti i loro faticosi allenamenti; è così che si migliorano i tempi, e lo sanno bene i nostri colleghi reduci dalla Maratona di Ravenna: Luca Carbonelli sotto le 3 ore, Elide Del Sindaco settima donna e prima di categoria, miglior tempo personale sui 42Km per Maurizio Di Campli e Piero Nasuti, e sulla mezza per Monica Mucci.

Ma nelle retrovie della Maratona di Valencia il clima appare più disteso e giocoso….tutto ciò fino al trentesimo chilometro e dintorni…. E qui accade di tutto: soprattutto negli atleti in debito di allenamento la crisi è inevitabile. Si cerca di combatterla con ogni mezzo: integratore, massaggio, auricolari, risata isterica, ma l’unico modo è rallentare o addirittura camminare. Non conta a quale chilometro ci si trovi, ventottesimo o quarantesimo: le gambe sono pezzi di legno, lo sforzo è massimo ma il gps segna tempi biblici. E qui viene fuori un asso nella manica che solo l’atleta amatore ha: la voglia di farcela ad ogni costo. Non conta best time, classifica, o dove si trovino gli altri contendenti, ciò che conta è andare a prendere quella medaglia, tanto sofferta e per questo ancor più meritata.

Alla fine la Tribù tornerà orgogliosa a casa: due atleti storici sotto le 4 ore, Roberto Di Primio e il Presidente.  Best time centrato per Luca Tiberio e sfiorato per Pasquale Iannone. A seguire Anna Lisa Del Bianco, e Patrizia Di Primio e Tolomeo: questi ultimi due insieme fin dal primo chilometro, con un ritmo importante, smorzato purtroppo dal ritorno di un preesistente fastidio muscolare per Tolo-run. Ma partiti insieme si arriva insieme: e così sara’.

Poco sopra le 5 ore Federico Conte, che fra dolori e preparazione incompleta non vedeva l’ora di incontrare la sua famiglia che lo aspettava sul finish. Grande abbraccio e bacio ai figli, che nella loro meravigliosa trasparenza gli ricordano di essere stufi di aspettarlo, rimproverandolo di essere arrivato “anche dopo quelli con problemi…..”. Cuore di papà!

E infine medaglia anche per Alessio Marinelli, Peppe Tesone e Antonietta Rossetti: coscienti di essere partiti con qualche debito di allenamento hanno saputo dosare le forze arrivando al traguardo felici e orgogliosi. Un ultimo sentito applauso lo dedichiamo al nostro Davide Iezzi: a causa di problemi fisici ha dovuto osservare la maratona dall’esterno e cimentarsi nella gara da 10 km e questa è una delle cose più dure da fare, ma il suo sorriso e la sua voglia di esserci lo ripagheranno. Siamo certi che presto tornerà a correre con noi.

Insomma, in qualche modo quella medaglia l’abbiamo voluta e meritata tutti. Si può e si deve fare meglio…ma per adesso va benissimo così: si corre anche per puro divertimento, e quello nella Tribù non mancherà mai.

 

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